Piero Manzoni

nasce a a Soncino

 

Crebbe a Milano, primogenito dei cinque figli del conte Egisto Manzoni (19011948), originario di Lugo (in provincia di Ravenna), appartenente al ramo cadetto romagnolo Chiosca e Poggiolo del notorio casato lombardo dei Manzoni, e dell’industriale soncinese Valeria Meroni (19071994), proprietaria dell’azienda tessile Filanda Meroni.

Una volta terminati gli studi classici presso il gesuitico Liceo Leone XIII (dove suoi compagni di scuola furono il poeta Nanni Balestrini e l’editore Vanni Scheiwiller), s’iscrive successivamente alla Facoltà di Legge presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. La sua famiglia frequenta gli ambienti artistici milanesi[1] e Lucio Fontana, fondatore dello spazialismo e celebre per i buchi e tagli sulla tela. I suoi primi dipinti sono paesaggi e ritratti di stampo tradizionale ad olio. Nel 1955 inizia a dipingere con impronte di oggetti banali (chiodi, forbici, tenaglie ecc).

Nel 1956 partecipa alla IV Fiera mercato del Castello sforzesco di Soncino e pubblica il manifesto Per la scoperta di una zona di immagini. Un testo breve, nel quale Manzoni anticipa alcuni punti essenziali delle tesi che svilupperà in altri documenti. Nel 1957 espone, con Ettore Sordini e Angelo Verga, in una collettiva alla galleria Pater di Milano e pubblica il manifesto Per una pittura organica. È inoltre cofirmatario del Manifesto contro lo stile con il Gruppo Nucleare, con cui espone alla mostra Movimento Arte Nucleare presso la galleria San Fedele di Milano. Inizia a lavorare sulle tele Ipotesi, usando come materiali gesso e colla.

Nel 1958 mette a punto le Tavole di accertamento e gli Achromes (in francese: incolore). Questi ultimi sono tele o altre superfici ricoperte di gesso grezzo, caolino, su quadrati di tessuto, feltro, fibra di cotone, peluche o altri materiali. Espone alla Galleria Bergamo e tiene una personale alla Galleria Pater di Milano con Enrico Baj e Lucio Fontana.

Nel 1959 abbandona il gruppo dei Nucleari, e stringe legami con Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani. Con quest’ultimo fonda la rivista Azimuth, dove compaiono scritti di Vincenzo Agnetti, Nanni Balestrini e Edoardo Sanguineti e illustrazioni di Yves Klein, Arnaldo Pomodoro, Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Piero Dorazio, Gastone Novelli e Franco Angeli. Sempre nel 1959, entra in contatto con il Gruppo Zero di Düsseldorf e, oltre a continuare la ricerca sugli Achromes, inizia a creare oggetti concettuali come le Linee e progetta di firmare corpi viventi come se fossero opere d’arte, rilasciando certificati di autenticità (saranno poi intitolate Sculture viventi e tra le 71 che firmerà fino al 1961 compariranno anche Umberto Eco, Marcel Broodthaers e Mario Schifano). Produce 45 Corpi d’aria: comuni palloncini riempiti d’aria che poi saranno chiamati Fiato d’artista.

Espone alla galleria Il pozzetto di Albissola alcune Linee, di varie lunghezze, alcune aperte, altre chiuse in scatole cilindriche nere con etichette arancioni e dicitura che riporta lunghezza, mese e anno di creazione, nonché certificati d’autenticità. Sul finire del 1959 apre, sempre con Castellani, il centro espositivo Azimuth; che diventerà luogo di produzione artistica significativo anti-informale. Qui, nel 1960 espone con Klein, Mack e Castellani nella mostra La nuova concezione artistica ed esce il secondo numero della rivista Azimuth contenente il testo Libera dimensione, con cui teorizza lo spazio totale.

Il suo stile diviene più radicale con nuove opere provocatorie: realizza Scultura nello spazio; una sfera pneumatica di 80 cm di diametro, in sospensione su un getto d’acqua. Torna a produrre Corpi d’aria che sono intitolati Fiato d’artista; palloncini da lui gonfiati, sigillati e fissati su una base di legno. Continua a produrre Linee, e il 4 luglio 1960 in Danimarca, grazie al mecenatismo di Aage Damgaard, crea la sua linea più lunga (7200 metri), che sigilla in un cilindro di metallo cromato e seppellisce perché possa essere ritrovata casualmente in futuro.

Il 21 luglio 1960 presenta al centro Azimuth la sua performance più famosa: la Consumazione dell’arte dinamica del pubblico – divorare l’arte. Sull’invito si legge: “Siete invitati il 21 luglio alle 19, a visitare e collaborare direttamente alla consumazione dei lavori di Piero Manzoni“. Manzoni firma con l’impronta del pollice alcune uova sode, bollite all’inizio della mostra, che vengono distribuite al pubblico e mangiate sul posto.

Continua a lavorare agli Achromes, servendosi dei materiali più disparati e progetta la Base magica: un piedistallo da lui firmato che, nelle sue intenzioni, eleva al ruolo di opera d’arte ogni persona disposta a salirvici sopra. Espone con Castellani alla galleria La Tartaruga di Roma dove presenta altri Achromes e Sculture viventi che firma in diretta. Ogni scultura è corredata da un documento di autenticità e da un francobollo colorato indicante la sua durata (simile al concetto di scadenza merceologica).

Il 24 aprile, in occasione di una serata con Angeli, firma la sua scarpa destra e la dichiara opera d’arte, facendo lo stesso con una scarpa di Schifano. In maggio inscatola e mette in vendita 90 Merde d’artista da 30 g al prezzo di altrettanti grammi d’oro ciascuna. Realizza la seconda Base magica e la Base del mondo; un parallelepipedo in ferro (90 x 100 cm) installato nel parco della fabbrica di Herning capovolto al suolo per eleggere il mondo ad opera d’arte.[2] Continua a lavorare sugli Achromes e nel 1962 espone con il gruppo Zero allo Stedelijk Museum di Amsterdam. Col fisico minato dal fumo e dall’alcol, di cui da anni abusa, muore d’infarto nel suo studio di Milano il 6 febbraio 1963 a soli 29 anni.

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